Bozze digitali realizzate per il bando di concorso “AVVISO PUBBLICO RIVOLTO A STREIT ARTIST’ PER LA REALIZZAZIONE DI MURALES PRESSO SPAZI URBANI DEL TERRITORIO MITROPOLITANO” indetto dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria – Reggio Calabria (RC)

La mia proposta per la copertina del libro “Cara adozione 2”

“Volevo rappresentare l’impegno che ogni papà, mamma, volontario si assume nel momento in cui entra in questo mondo: donare una nuova prospettiva, sorreggere, donarsi, con amore, come tutti i genitori dovrebbero fare, biologici o meno, che differenza fa? Ecco perché tre mani, e non tre volti, o perché non due mani: una potrebbe rappresentare la madre biologica, una il padre biologico, una la mamma adottiva, una il papà adottivo, un fratello, una sorella, un volontario, un’assistente sociale…chiunque ha avuto un ruolo, in ogni singola storia, ed in ogni singola famiglia. Tre era il numero minimo, e mi consente di creare una composizione equilibrata e chiara. Ognuno può proiettare la propria esperienza e se stesso in queste mani, che sorreggono un bimbo (o bimba? poco importa, l’identità è celata proprio per dare a tutti la possibilità di vedere ciò che il loro cuore vuol vedere) nel suo viaggio, sorretto come un uccellino pronto a spiccare il volo: un esploratore che ha davanti l’immensità del cielo, la curiosità del fanciullo ed il sostegno di chi gli vuol bene….perché nessuno impara a volare da solo e siamo noi grandi ad avere la responsabilità di aiutare i più piccoli a diventare “aviatori” migliori. Le altre due mani reggono il cielo, un cielo terso, perché lo sforzo di chi è in questo mondo consiste proprio nell’allontanare le nuvole e i tempi brutti, ogni adozione prevede questo impegno. L’immagine sintetizza ciò che per me rappresenta l’adozione, ma è anche il racconto di ciò che penso significhi “famiglia”: il rifugio ed il trampolino…ed adottare, viceversa, è far crescere la propria famiglia per crescere tutti insieme.”

“Nzérta”

L’opera “Nzèrta”, realizzate per il concorso “Cromofabula”, rappresenta due cavalli murgesi con le code raccolte in delle trecce e si ispira alla leggenda pugliese del “Monacello”.
Il monacello è un piccolo omino, simile ad un folletto, che si diletta a gironzolare per le case e le stalle (pare sia ghiotto di biada) di notte. Ama fare scherzetti e pare abbia una forza fuori dal comune.
Conosce i luoghi dei tesori, porta in dono alla famiglia che lo ospita monete d’oro e doni, o, se stizzito, sposta o nasconde loro oggetti e compie altri piccoli dispetti. Si tratta di uno spiritello sentimentale mosso da una sorta di affetto e simpatia verso le sue vittime, qualche volta persino pronto ad esaudire piccoli desideri.
Nell’oscurità, si diverte a giocare con i crini e/o le code dei cavalli, creando delle perfette treccioline ma, se si vede negato la biada dagli animali, arruffa ed aggroviglia loro i crini e/o le code di modo che non risulti semplice per lo stalliere, né piacevole per il cavallo districarli.
Per creare un forte stacco spazio-tempo e restituire la caratteristica dell’essere una storia “antica” ma attuale, senza tempo, com’è tipico delle narrazioni orali popolari, l’ambientazione non è definita: è una stalla qualunque, una notte qualsiasi.